LA DEVOZIONE DI SAN PIO ALLA "MADUNNELLA"
a cura di Veneziano Scocca
La religiosità di Padre Pio nasce collegata intimamente a quella del Pietrelcinese dell’epoca che è schiettamente derivata dall’ambiente in cui vive, dalle difficoltà che ivi incontra. E’ portato a ragionare partendo dal concreto, dall’esperienza diretta e quotidiana e a vedere gli avvenimenti nella loro semplice successione come una sorta di racconto epico.
La semplificazione dei problemi è più importante delle loro connessioni reciproche. Egli non si pone l’origine del problema, nella sua vita non c’è posto per la speculazione puramente astratta.
La religione e la religiosità così vissute e così tramandate dal contadino nel tempo derivano da una sicurezza che gronda dal fatto che a lui è stato dato di credere in Dio con ferrea fede, per cogenza d’ambiente, in comunione con gli altri.
Al contrario della religione istituzionalizzata, quella del contadino si è sviluppata perché insita nella natura stessa del lavoro della terra.
Trae radici dal suolo stesso che quotidianamente coltiva e la natura da nemica diviene amica, anzi assurge a madre terra. Nascono in tal modo delle relazioni molto strette tra seminare e fecondare, tra il raccolto e la morte, tra prole e grano.
Dal seme al frutto, in una sorta di continuazione ideale, ripetitiva, auspicata, il ciclo lavorativo dei campi si accorda con il calendario della Chiesa, ritagliandosi spazi sempre più specifici, tradizionali appuntamenti religiosi propiziatori, coesi indissolubilmente al frutto della terra.
La vita della piccola comunità pietrelcinese era scandita nell’arco di un intero anno da un susseguirsi di appuntamenti religiosi. Una tradizione che trovava la sua massima espressione nelle feste religiose di chiesa e di «piazza». Processioni, messe cantate, novene si legavano indissolubilmente alla caratteristica presenza delle bancarelle, dove la “copèta” [torrone] e “l’andrite” [nastri di noccioline] si illuminavano dei tenui raggi delle lampade ad acetilene, alla presenza delle gioiose esplosioni dei mortaretti e alla tradizionale partecipazione della locale banda musicale.
Erano avvenimenti che segnavano il momento più intenso di quel magico ed armonico sodalizio tra il sacro e il profano, dov’è il laico ad ergersi a protagonista, a gestirsi l’avvenimento non permettendo a nessuno di sindacare la sua tipica ed originale devozione, schiettamente terrena, ma estremamente intensa e sentita. Devozione che raggiunge la massima espressione la prima domenica di agosto in occasione della festa patronale in onore della Madonna SSma della Libera, la Madunnella nostra, come affettuosamente viene chiamata da ogni Pietrelcinese, così come soleva appellarla Padre Pio.
Quel nostra, oltre ad esprimere devozione affettiva, indica una specie di possesso, comporta l’idea di una protezione sovrannaturale esclusiva, personale.
Il Pietrelcinese come figlio prediletto della Madre Celeste che dà conforto e non abbandona la sua prole, un modo semplice di animi semplici per annullare d’incanto la distanza tra Terra e Cielo. Diviene così un confidenziale colloquio retto da una sorta di dare per avere, la devozione filiale in cambio di protezione e «miracoli».
E che la forza espressiva di quel nostro si traduca, per l’importanza intrinseca del significato, anche in atteggiamenti di «esuberante gelosia» ebbe modo di constatarlo lo stesso padre Agostino da S. Marco in Lamis, direttore spirituale di Padre Pio.
Era il periodo in cui il nostro Padre Pio, per evidenti ed inspiegabili motivi di salute, viveva lontano dal sacro chiostro, nella sua Pietrelcina, corroborato dall’aria nativa.
I superiori, giustamente, mostravano di non gradire una simile ed anomala situazione, per cui avevano più volte tentato di far tornare il frate pietrelcinese in convento, ma invano.
Padre Agostino decise, quindi, di recarsi a Pietrelcina per rilevare personalmente il giovane sacerdote, comprendendo, però, immediatamente che si sarebbe trattato di un’impresa impossibile.
«Padre Agustì, ci vuliti leva (volete portarci via) lu santariello nuostro?... Nui vi rumpimu (rompiamo) ‘a faccia!...» furono le parole di ‘Ndrianella (Andreanella Gallo) che andò incontro al frate con aria minacciosa, armata di un nodoso bastone.
Se padre Agostino avesse conosciuto l’importanza di quel nuostro, non avrebbe osato tanto. Lo comprese successivamente, quando rifiutò di andare di nuovo a Pietrelcina con gli stessi intenti:
«...non mi sentivo di andare là col timore di essere linciato dalla gente senza del resto ottenere l’intento, perché i Pietrelcinesi non avrebbero permesso la partenza di Padre Pio..».
Al pari della Madunnella nostra si trattava semplicemente del Santariello Nuostro.
Ai tempi di Padre Pio fanciullo, come anche in più remote epoche, era uso far «uscire» il simulacro della Madonna per le vie del paese con l’intento di porre fine a calamità meteorologiche che minacciavano i raccolti o anche per allontanare la morte, come in occasione di quella tremenda epidemia di colera del 1854.
In quei tempi il terribile morbo mieteva vittime e la paura, il terrore di contrarre la malattia era enorme. Lo sconforto era grande per cui il popolo di Pietrelcina, in preda alla disperazione, come ultimo rimedio decise di affidarsi alla Madonna della Libera che venne portata in processione per le strade del paese perché al suo passaggio fosse debellato il morbo. La speranza e la fede non vennero deluse, avvenne il miracolo. Da quel giorno iniziò ad abbassarsi drasticamente la mortalità per colera in seno alla popolazione di Pietrelcina.
Era il 3 dicembre che da allora, ogni anno, segna la ricorrenza della «liberazione» dal colera ed è festa di penitenza e di preghiera, unendosi una grande fiera di bestiame che un tempo richiamava molti mallevadori dalle zone limitrofe.
La vera festa, però, quella della «Madonna», ricorre la prima domenica d’agosto. Nasce come ricorrenza religiosa e al tempo stesso come ringraziamento e propiziazione. I lavori di mietitura e di trebbiatura si erano appena conclusi e si ringraziava la Madonna per i raccolti, chiedendo nel contempo protezione per quelli futuri.
Una sorta di continuazione, nel ciclo di una millenaria tradizione, delle vetuste feste agrarie quali quelle in onore di Cerere e di Conso, antichissime divinità romane protettrici delle messi e dei raccolti. Non a caso, in passato, la festa della Madonna della Libera era denominata «la festa delle carre».
Carri tirati da buoi, artisticamente decorati e carichi di grano, confluivano dalle varie contrade rurali nelle vie del paese tra le note della banda musicale e il festoso vocìo della gente, cornice gioiosa a quella pittoresca processione.
I «signori», poi, sfilavano su cavalli riccamente adorni di lucidi finimenti e colorati pennacchi, ostentazione di bellezza, di orgoglio e tanta vanità. I coloni che reggevano la briglia recavano un grosso cero con tante banconote infisse, dono delle famiglie signorili alla Madonna. I carri più belli venivano premiati e si registravano i nomi degli offerenti da parte degli organizzatori laici della festa, i masti ‘e festa. Una grande responsabilità ma soprattutto un grande onore.
Anche Grazio Forgione, il papà di Padre Pio, a soli diciannove anni fu mastu ‘e festa, un avvenimento fuori dal comune per la sua giovane età. Allora era uso tirare a sorte e quando venne fuori il nome di Grazio l’incredulità degli astanti fu notevole e lo fu ancor di più quando il suo nome uscì altre due volte.
«Mastu ‘e festa a quell’età!» ricordava il vecchio Grazio non trattenendo lagrime di commozione e di nostalgica gratificazione.
Perché in ogni Pietrelcinese la devozione per la Madonna della Libera è forte e lo è ancora di più in chi ha dovuto lasciare il paese. E’ un tenace legame che nessuna distanza potrebbe annullare.
Anche lontano da Pietrelcina Padre Pio mostrava la sua nostalgica affezione per la Madunnella nostra.
Non dimenticava mai di chiedere della festa patronale come di ricordarla ai suoi confratelli: «Sai, domani è la festa della Madunnella nostra; oh!potessi venirci anch’io!».
Si era cresciuto ai piedi della Madunnella e aveva provato gioie grandissime quando, da giovane sacerdote, l’«incontrava» in chiesa. Lo scrive con mano tremante:
... Povera Mammina quanto bene mi vuole. L’ho constatato di bel nuovo allo spuntare di questo bel mese. Con quanta cura mi ha ella accompagnato all’altare questa mattina. Mi è sembrato ch’ella non avesse altro a pensare se non a me solo col riempirmi il cuore tutto di santi affetti. Un fuoco misterioso sentivo dalla parte del cuore, che non ho potuto capire. Sentivo il bisogno di applicarci del ghiaccio per estinguere questo fuoco che mi va consumando. Vorrei avere una voce sì forte per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna....
La devozione mariana in Padre Pio fu altissima, attraverso la quotidiana recita del Rosario era in colloquio stretto e continuo con la Madonna alla quale non risparmiava di chiedere aiuto per la gente che soffriva o anche protezione per se stesso, soprattutto nei momenti più drammatici della sua esistenza terrena. Era il grande amore devoto e filiale verso Maria che gli faceva percepire sempre viva e vicina la presenza della Madre Celeste.
Una volta, un suo confratello, p. Tarciso da Cervinara, gli chiese in confidenza: — Padre spirituale, me lo dica, glielo chiedo per carità, la Madonna c’è in questo momento qui nella sua cella!
Padre Pio, dopo una breve pausa, con un viso illuminato ed infuocato, risponde: — La domanda, figlio mio, me la dovresti porre sotto un’altra forma: dovresti chiedermi se la Madonna se n ‘è andata mai dalla stanza mia!